Evgenij Aleksandrovič Evtušenko

Dall’autografo del poeta russo rilasciato nel 1987 nello studio del maestro a Lido di Camaiore.

“Eugenio Pardini ha un maestro eccezionale: la natura. Suoi professori sono le montagne e il mare, che lo circondano dall’infanzia.

La natura è artista grande. La brina sui vetri, la fantasiosa mescolanza dei colori di un tramonto (mai uguale al precedente), le nuvole, che mutano i propri contorni al pari dei nostri inafferrabili pensieri: questi, i suoi capolavori. Tuttavia, molti pittori mediocri hanno usato la pittura astratta come mezzo per nascondere la propria mancanza di talento. Eugenio Pardini – poeta dei propri sogni – ha appreso dalla Natura la sua grazia e con essa la sua possanza. Le sue immagini sono come il balletto della vita, che si delizia della propria plasticità. A volte i sogni di Pardini somigliano al suo respiro, come se il respiro stesso, senza l’aiuto del pennello, sapesse dipingere. In questi tempi è comparsa molta pittura sciatta, grossolana, che evidenzia le brutture della vita, quasi che questo fosse il suo unico contenuto. Eugenio Pardini ci rammenta che la vita è una grande danzatrice, che perfino su pozze di sangue può eseguire la sua stupefacente, splendida danza.

La pittura di Eugenio Pardini è un ponte fragile, ma resistente tra leggerissimi contorni Botticelliani e pesanti esperienze del secolo di Hiroscima. Un ponte sopra l’abisso della frantumazione della forma. La sua pittura ha assorbito in un modo non imitativo, disegni etruschi, gli affreschi antichi, i murales messicani, e anche la gentilezza delle sete giapponesi e cinesi.

Nei suoi settantacinque anni il maestro dì un esempio che l’età non esiste se tutta la vita è dedicata all’autoperfezione infinita.”

EVTUSHENKO

Evgenij Aleksandrovič Evtušenko (Zima, 18 luglio 1933) è un poeta e romanziere russo.

Dopo la morte di Stalin, con l’epoca del “disgelo”, la notorietà del poeta si afferma specialmente negli ambienti giovanili. Egli legge i suoi componimenti nelle serate studentesche e nel 1955 è quasi portato in trionfo dagli studenti di Mosca, ai quali ha declamato dei versi dall’alto della scalinata dell’università.

Il ventesimo congresso del PCUS (Partito Comunista Unione Sovietica) nel marzo 1956 segna una nuova tappa nella carriera di Evtušenko. Dopo la condanna ufficiale del culto della personalità, egli pubblica una serie di poesie contro Stalin e i burocrati che ancora segretamente rimpiangono il dittatore. (Il poema “La stazione di Zimà”, “Gli eredi di Stalin”, “La mensa degli studenti”, “Paure”, “La mano morta”, “Conversazione”, “Il destino dei nomi”, “Città di mattina”, “O, dispute nostre giovanili”, ed altri).

Il temperamento ardente e l’odio sincero contro tutto quanto opprime la libertà dell’uomo, spingono il poeta oltre i limiti consentiti. Nella primavera del 1957, per aver difeso il romanzo di Dudincev “Non di solo pane vive l’uomo”, contenente una dura critica alla burocrazia staliniana, Evtušenko viene espulso dal Komsomol col pretesto ufficiale di mancato pagamento dei contributi e dallo stesso Istituto di Letteratura. Tuttavia l’amicizia di influenti membri del partito e dell’Unione degli Scrittori permette presto al poeta il ritorno nel Komsomol e nell’Istituto, presso il quale, anzi, viene eletto segretario della locale sezione della Gioventù Comunista.

Il 1957 segna l’inizio del periodo dei maggiori successi di Evtušenko. In questo periodo di forte ispirazione poetica, lo sostengono i suoi “amici politici” e la poetessa Bella Achmadulina, che diventerà sua moglie.

E’ dello stesso anno l’incontro con Boris Pasternak che si complimenta col giovane poeta. Questi ricambierà l’ammirazione scrivendo, in occasione della morte del grande scrittore, la poesia “Il recinto”.

Accanto ai componimenti di impegno civile, Evtušenko scrive liriche dedicate alle donne amate, cominciando da Achmadulina, dalla quale poi divorzierà, alla madre, agli amici ( “Affetto”, “Al mio cane”, “Auguri, mamma”, “Il lillà”, “Verrà la mia amata”, “Marietta”, ecc.).

Evtušenko ha recentemente pubblicato opere in prosa come: “Il posto delle bacche” (Jagodneye mesta, 1981), “Ardabiola”, “Non morire prima di morire” (Ne umiraj prezde smerti). Nel 1980 è stato pubblicato in Inghilterra un suo libro di fotografie: come fotografo ha esposto in numerose città, sia in Russia che all’estero.

Come regista cinematografico ha diretto: “Asilo d’infanzia” (Detskij sad, 1984) di cui ha scritto anche la sceneggiatura. E inoltre ha scritto le sceneggiature di: “Io, Cuba” (Ja, Kuba), “I funerali di Stalin” (Pochorony Stalina).

È stato insignito in patria del premio “Znak Poceta”, e nel 1991 dal Comitato Nazionale Ebraico Americano di una medaglia per le sue attività in difesa dei diritti civili.Dal 1993 è insegnante di letteratura russa presso l’Università Americana di Tulsa (Oklahoma), dalla quale ha ricevuto la laurea honoris causa.

Il poeta è stato riconosciuto per la XVII edizione del Premio Librex Montale che è stato assegnato il 5 giugno 2006.

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